Erica Bardi, Manuela Mazza, Giuseppe Varchetta
Elogio dell’ombra
Still Fotografia, 3 febbraio – 6 marzo 2023

La rassegna presenta una selezione di circa 80 immagini realizzate da tre diversi autori (Erica Bardi, Manuela Mazza e Giuseppe Varchetta) e dedicate al racconto dell’ombra.
Dal 3 febbraio al 6 marzo 2023, Still Fotografia a Milano (via Zamenhof 11) ospita la mostra intitolata Elogio dell’ombra. Un percorso espositivo caratterizzato da una forte omogeneità narrativa, nel quale la totale presenza dell’effetto monocromatico riesce a mettere in dialogo una serie di linguaggi espressivi dissimili dal punto di vista iconografico, ma emotivamente affini.
Michail Bulgakov nel suo capolavoro Il Maestro e Margherita immagina un dialogo tra il mago Woland (Satana) e Levi Matteo (l’Evangelista): «Se vieni da me, perché non mi hai salutato, ex pubblicano?» replicò Woland, severo «Perché non voglio che tu stia in salute», rispose brusco il nuovo venuto, «Ma dovrai rassegnarti a questo», replicò Woland e un sorriso increspò la sua bocca, «sei appena apparso sul tetto e già hai fatto una sciocchezza e ti dirò quale: è il tuo tono. Hai pronunciato le parole come se non riconoscessi le tenebre e il male. Sii tanto cortese da riflettere su questa domanda: che cosa sarebbe il tuo bene se non ci fosse il male, e come apparirebbe la terra se non ci fossero le ombre? Le ombre nascono dagli oggetti e dalle persone. Ecco l’ombra della mia spada. Ma ci sono le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Non vorrai per caso sbucciare tutto il globo terrestre buttando via tutti gli alberi e tutto ciò che è vivo per godere della tua fantasia della nuda luce? Sei uno sciocco».
Uno dei più acuti saggi del geniale storico dell’arte Ernst Gombrich si intitola Shadows – The Depiction of Cast Shadows in Western Art ossia “Ombre – La rappresentazione dell’ombra nell’arte occidentale”. Senza l’Ombra una parte essenziale della pittura occidentale, dal Rinascimento alle Avanguardie storiche, semplicemente sarebbe altra.

I lavori di Erica Bardi, Manuela Mazza, Giuseppe Varchetta ci conducono, in modi originali e diversi, nell’impero dell’Ombra.
Erica Bardi racconta i lunghi giorni dell’isolamento causato dalla pandemia, lentamente le relazioni familiari, costrette nel medesimo ambiente, divengono, paradossalmente, evanescenti; il potere del Logos, il potere della parola, ciò che sta all’origine di Tutto, decade e, in parallelo, i contatti fisici declinano, frenati dalla paura. Erica elabora un immaginario in cui, progressivamente, svaniscono anche le persone; lei, la sua famiglia divengono sagome immateriali, astratte, sono fantasmi che abitano le mura di casa, sono ombre. La casa diviene un contenitore freddo, inanimato, la persona si scompone, incapace di ritrovare l’Anima (in senso Junghiano) la casa, o meglio: la Casa, è un contenitore di silhouette leggere, di ombre, destinate a svanire.
Manuela Mazza gioca con la magia della fotografia, trasforma il linguaggio ambiguo del mezzo fotografico in un imbuto figurativo che raccoglie l’accumulo emotivo che andrebbe liberato e non trattenuto. Il suo progetto, in realtà, potrebbe essere declinato anche come un catalogo di sentimenti, di desideri, di contraddizioni, di speranze. Le sue ombre sono come valigie, utili per fare scorta di ricordi. Contenitori di memorie e segni che non nascono dal caso, frutto di una lunga gestazione interiore, che contribuiscono a costruire una grammatica della complessità dell’umano. I lavori di Manuela Mazza sono un salvacondotto, solo apparentemente contraddittorio, per contrastare la solitudine, donando valore anche al più marginale degli eventi.
Giuseppe Varchetta dimora con levità nelle stanze dell’anima, stanze dell’anima per definizione: quelle dell’Arte. Pino Varchetta coglie l’istante, scevro di retorica. Ma si tratta di immagini “senza posa” solo a prima vista, è sufficiente zoomare all’indietro e gli istanti si trasformano in durata, in tempo. La fotografia ferma qualcosa che, subito, non c’è già più, la fotografia colma una mancanza, come sottolinea Daniele Del Giudice nel testo introduttivo di uno dei più interessanti libri dedicati ai lavori di Varchetta. Il gioco tra i visitatori delle mostre e dei musei e le opere d’arte che osservano è una sorta di anagramma in cui chi guarda divine parte del lavoro degli artisti. Chi è l’ombra, l’anima, e di chi?

Il titolo della mostra è trafugato da una raccolta di poesie di J.L. Borges (Elogio de la sombra, prima edizione 1969): «… L’animale è morto, o è quasi morto / Restano l’uomo e l’anima / Vivo tra forme luminose e vaghe / che ancora non sono tenebra … Questa penombra è lenta e non fa male / scorre per un pendio mite / e somiglia all’eterno …”. Borges traccia una sorta di autobiografia, reale e simbolica; stava diventando cieco, vedeva solo ombre vaghe che, tuttavia, lo portano al nucleo del labirinto “… Giungo al centro, alla mia chiave, all’algebra / al mio specchio. / Presto saprò chi sono».

Le ombre hanno molto da svelare, da insegnare, le riflessioni dei tre artisti in mostra, senza dubbio, lo testimoniano.

Still Fotografia 14.1.2023

Elogio dell’ombra.
Milano, Still Fotografia (Via Zamenhof, 11)
3 febbraio – 6 marzo 2023

Orari: martedì-venerdì, 10-13/14-18; giovedì, 10-13/14-19.30.
Informazioni: Tel. 02.36744528; info@stillfotografia.it; press@stillfotografia.it