La prua della nave come il muso di un pescecane a bocca spalancata, la carena simile a un oggetto spaziale da issare sulla rampa di lancio, una finestrella verticale che ricorda un quadro di Fontana, un elemento triangolare sospeso nel vuoto simile a una scultura dell’arte povera, l’elica come un vortice futurista al fermo immagine.
Si potrebbe continuare descrivendo altre immagini che le fotografie rigorosamente in bianco e nero di Silvano Pupella evocano nello spettatore della mostra Naviganti. Un viaggio dentro i cantieri Sanlorenzo. Questo lavoro rigoroso e ricco d’evocazioni richiama analoghe opere che hanno documentato il lavoro umano negli anni Cinquanta e Sessanta, quando la modernità italiana stava affermandosi e la descrizione del connubio uomo-macchina era un tema consueto.
Il luogo del lavoro è per Pupella il luogo del caos, del movimento incessante, dello scontro e del contrasto. Egli parla di casualità e imprevedibilità, evocando in questo sia il lavoro umano in corso sia il suo, quello di fotografo. Cogliere il momento giusto, fissare l’attimo in cui l’ordine subentra al disordine, questo sembra la missione.
La drammaticità implicita nel suo sguardo si coglie perfettamente nel momento in cui lo scafo, non ancora leggibile come tale, viene issato mediante una gru subito dopo lo scatenarsi di un temporale. Le nuvole accentuano la forza caotica del momento. La loro forma imprendibile e cangiante si oppone alla forma definita e tozza dell’oggetto.
Naviganti, viaggio nei cantieri navali Sanlorenzo © Silvano Pupella
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