Viaggio consapevole dentro un disastro

20 settembre – 18 ottobre 2021. Cancellate Giardini Montanelli | Museo di Storia Naturale di Milano.

.Le immagini di una foresta abbattuta e le parole dei suoi alberi un attimo prima di cadere. Una mostra fotografica outdoor, uno spazio musicale per i giovani,  un incontro di riflessione con autori ed esperti per fermare lo sguardo e il pensiero davanti alla Spoon River dei nostri boschi. Nell’ambito dell’evento nazionale #All4Climate Italy 2021, preparatorio alla 26ma Conferenza delle Parti di Glasgow (COP26), apre ai Giardini Indro Montanelli la mostra fotografica di Manuel Cicchetti, il cui obiettivo si è posato sul disastro ambientale che ha colpito il Nord Est italiano nell’autunno 2018. La mostra è promossa e prodotta dal Museo di Storia Naturale di Milano, Comune di Milano-Cultura, Ricordi Music School, TMC e STILL FOTOGRAFIA, con il Patrocinio di Fondazione Cariplo.

Insieme testimonianza e monito sui gesti compiuti a danno del Pianeta, la mostra di Milano è fondante di un percorso che ha l’ambizione di contrastare i cambiamenti climatici e che prevede anche un ampio coinvolgimento della società civile: le immagini in mostra rispondono pienamente al richiamo auspicato. Il progetto Vaia infatti – che si esprime anche attraverso l’omonimo libro fotografico, arricchito dai testi di Angelo Miotto – nasce con l’intento di accompagnare l’osservatore in un rapporto emotivamente paritetico con la natura devastata dal ciclone. Il fotografo ha scelto di avvicinarsi quanto più possibile ad un rapporto di 1:1 tra la Natura e l’osservatore, imponendo, così, la coesione con gli eventi oggi sempre più filtrati dagli schermi degli smartphone o dei computer. Ottobre 2018, Italia del Nord-Est. In poche ore una terribile tempesta di vento e acqua rovescia le foreste scagliando a terra milioni di alberi. I pali dell’elettricità sono sradicati. Vaia lascia un paesaggio buio e talmente desolato da far pensare quasi alle scene di una guerra che proprio in quei luoghi aveva portato tanta distruzione. L’uomo è ora chiamato a considerare la sua parte di responsabilità.

La riflessione sull’opera dell’uomo (prima distruttiva e quindi di ricostruzione) inizia dallo sguardo su quanto accaduto. Uno sguardo inizialmente attonito, e via via più cosciente, sullo scenario che Cicchetti ferma nei suoi scatti, 34 fotografie in bianco e nero, parte delle quali oggi proposte in grandi dimensioni all’attenzione del pubblico in uno spazio aperto, verde e tuttavia in pieno centro urbano. Le immagini ritraggono gli alberi ormai caduti; ma quale grido avrebbero potuto lanciare, un attimo prima della fine? Se già la testimonianza fotografica dà voce a quelle piante, il lavoro va oltre, ed è affidato al giornalista Angelo Miotto il compito di immaginare l’ultimo pensiero di RadiceTorta, Fioretto, FustoDritto, Corteccia, TanaFelice e molti altri cui vuole conferire l’onore di un nome proprio, portando al lettore il loro ultimo messaggio, come in una Spoon River dei nostri boschi.

«Mi chiamo Fioretto, perché gli ultimi metri della mia cima sono esili e ondeggiano al vento come se fossi un tiratore di scherma che combatte contro il vento. Quando si placa il soffio riposo, pronto per la prossima sfida. Quei fendenti leggeri ora non sono più, la mia lama è stata spezzata e nessuno potrà più forgiarla di nuovo. Non era lo stesso vento che giocava con me quel giorno, ma un turbine iroso, ho pensato, mentre cedevo di schianto».

Alcuni testi sono proposti a corredo delle immagini in mostra. Il progetto è, insieme, un atto di denuncia, un grido fermo contro i soprusi alla Madre Terra, ma anche il riconoscimento dell’immane lavoro che l’uomo – così piccolo rispetto alla maestosità della natura – ha sin dall’inizio compiuto per riparare, pietosamente, come può. Attraverso la tecnica dello stitching è stato possibile realizzare immagini che uniscono fino a 27 scatti, permettendo di stampare fotografie di oltre 4 metri per 2, mantenendo un’accuratezza e nitidezza dei dettagli che mettono l’osservatore in grado di apprezzare i più reconditi angoli dei boschi e della natura. L’esposizione outdoor (su cancellate esterne ed interne al parco) facilita l’esperienza di coinvolgimento, chiedendo una momentanea quanto preziosa distrazione dall’attività quotidiana nello spazio urbano.

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